Mauro
Panichella
Fulgur
(44°19’38.9”N 8°30’16.3”E)
osso di capodoglio, luce al neon, legno
140x100x150 cm
2016
Ad Albissola, il paese dove sono cresciuto, gli stabilimenti balneari iniziano a mettere in ordine i locali per l’arrivo della stagione estiva già alle soglie della primavera.
La spiaggia in questo periodo è spoglia dagli ombrelloni e dall’edificazione estiva, gli stabili impacchettati per l’inverno e pronti per essere scartati all’arrivo del primo caldo sembrano scheletri di cemento.
Un pomeriggio di febbraio, passeggiando sulla spiaggia vidi un enorme osso appoggiato sopra un bancale. Dato che si trovava sulla spiaggia ho supposto che si trattasse dell’osso di un grosso animale marino, così mi mossi immediatamente per fare in modo di ottenere più informazioni possibili a riguardo. Dopo qualche giorno contattai i gestori dello stabilimento e conobbi Gianni Abbriata, il pescatore titolare dei bagni. Anni fa, durante un’immersione a largo di Savona, Gianni aveva individuato la carcassa di una balena sul fondale del Mar Ligure e ne aveva recuperato alcune ossa. Mi raccontò di aver provato con fatica a sbiancare e a eliminare tutto il grasso dall’osso più grande, prima facendolo bollire, poi bagnandolo con acqua ossigenata e infine verniciandolo ripetutamente con della tinta bianca alla nitro. Nonostante i vari tentativi di pulizia, l’enorme osso (circa 70 kg di peso), continuava ad annerirsi e a puzzare a causa delle grande quantità di grasso presente al suo interno. Il 18 Marzo 2016 avanzai a Gianni la proposta di conservare il grande osso nel mio studio e gli manifestai l’intenzione di utilizzarlo per realizzare un’ opera. Gli promisi che il giorno che avessi trovato un luogo dove esporlo l’avrei avvisato. Stilai un documento per certificare la cessione, Gianni accolse la mia richiesta e mi affidò, oltre all’osso grande, anche otto costole e una vertebra più piccola.
Una volta in studio ebbi modo, con calma, di valutare il da farsi e iniziai a svolgere delle ricerche. Decisi di sistemare l’osso al sole, vicino a un formicaio. Con difficoltà tolsi lo spesso strato di vernice alla nitro per agevolare gli insetti nell’operazione di pulizia. Dopo alcuni confronti mi resi conto che quella che avevo fino ad allora considerato come una vertebra, in realtà era un cranio. Il cranio di un capodoglio.
La testa del capodoglio è molto pronunciata perché contiene un organo fondamentale: l’organo dello spermaceti (da qui il nome inglese “sperm-whale”). Grazie al peso specifico dello spermaceti, sostanza oleosa presente nell’organo omonimo (da qui il nome italiano capo-d’olio), esso si può immergere sino a grandi profondità. Il capodoglio è l’animale più grande presente negli abissi. La raccolta dello spermaceti fu il principale motivo della persecuzione dei capodogli da parte dei balenieri. “Tale sostanza veniva e viene tuttora ricercata per una grande varietà di applicazioni commerciali, come olio per orologi, fluido per trasmissioni automatiche, lubrificante per lenti fotografiche ed altri strumenti ad alta precisione, in cosmetica, come additivo negli oli per motori, come fonte di glicerina, come composto anti-ruggine, detergente, fibra chimica, nella preparazione di vitamine e di più di 70 composti farmaceutici. (Wikipedia)”
Si pensa che gli esemplari maschi di capodoglio utilizzino la testa anche come arma di difesa durante gli scontri con i calamari colossali. La tragedia della nave Essex, affondata all’inizio dell’800 da un capodoglio è stata trasformata in mito da Herman Melville nel celebre romanzo “Moby Dick”. Il Mar Ligure è compreso in un quadrilatero di Mar Mediterraneo protetto, il cosiddetto “santuario dei cetacei”. La storia della persecuzione dei capodogli ha a che fare con la storia dell’uomo e con la sua antica necessità di vivere lontano dall’oscurità. La luce è ciò che dà senso al nostro apparato visivo. Fisiologicamente parlando, la presenza degli occhi nell’anatomia umana è giustificata dall’esistenza della luce; Goethe diceva: “Se l’occhio non fosse solare, come potremmo vedere la luce?”. Nel mio lavoro è molto importante lo studio del mezzo, dello strumento attraverso il quale si crea. Dopo la scoperta della luce elettrica, finalmente l’uomo poteva vedere attraverso l’oscurità con un mezzo che non fosse effimero e che non comportasse la ricerca dello spermaceti, o l’utilizzo del petrolio.
Solo nella lingua italiana esiste una parola che mette in relazione la balena e l’elettricità. Tale parola significa “fulmine” ma è anche sinonimo del manifestarsi improvviso di un evento straordinario, come la schiena di una balena che compare sul filo dell’acqua. Questa parola è “baleno”.
FULGUR (44°19’38.9”N 8°30’16.3”E) è il frutto dell’operazione di ricerca sopra descritta. Il reperto osseo si presenta in stretta relazione con la sorgente luminosa, un “bastone luminoso”, che ho deciso di appoggiare sulla cresta del cranio, proprio dove i balenieri cercavano di puntare l’arpione. Si può pensare a Fulgur come ad una superflua meridiana orizzontale, disutile alla misurazione del tempo e dello spazio.
Mauro Panichella
In the village of Albissola where I grew up, on the threshold of spring the bathing establishments begin preparing their premises in readiness for the summer season.
At that time of year there are no parasols or seasonal summer structures on the beach. The buildings look like concrete skeletons, parcelled up for the winter, waiting to be unwrapped for the arrival of the first warm weather.
One February afternoon as I was strolling here, I saw a very large bone that someone had placed on a pallet. Assuming that it must have been found here, and that it was the bone of some large marine creature, I immediately took steps to find out as much about it as possible. A few days later I contacted the management of the bathing establishment, and made the acquaintance of Gianni Abbriata, a fisherman who held the licence for the establishments. Gianni had found the bone. It was part of a whale's carcass he had seen some years earlier, at the bottom of the Ligurian Sea when he was diving off the coast at Savona, and he had brought back some pieces of it. He had tried in every possible way to whiten it and get rid of all the fat from the biggest bone, initially by boiling it, then wetting it with hydrogen peroxide, and coating it over and over again with white nitro paint. But despite these various attempts to clean out the enormous object (weighing about 70 kg), it continued to darken and smell because of the large quantity of fat that was still inside it. On 18 March 2016 I proposed to Gianni that I could take the big bone to my studio and that I had an idea of using it to create an artwork. Promising him that if one day I found a place to put the work on show, I would let him know, I drew up a document to certify the exchange of ownership. Gianni agreed, and as well as the bone he entrusted me with eight ribs and one of the smaller vertebra.
As soon as I got the bone to my studio I was able to take my time, as I began to do some research about it whilst thinking what I might do. I decided to leave it outside in the sun near an anthill, and with considerable effort stripped off the thick layer of nitro paint to make it easier for the ants to do a cleaning operation. Making some comparisons, I realised that what I thought was a vertebra was in fact a skull: the skull of a sperm whale.
The sperm whale is the largest animal in the marine abyss, and has a very pronounced head that contains the vital organ which produces the oily spermaceti (the substance from which it gets its English name "sperm whale" and its Italian name, capo d’olio). The high specific weight of spermaceti enables the whale to dive to great depths. Collecting spermaceti was the main reason why the sperm whale was hunted, or as Wikipedia puts it “this substance was and still is sought after for a great variety of commercial applications, such as watch oil, automatic transmission fluid, lubricant for photographic lenses and other high-precision instruments, for use in cosmetics, in additives in motor oils, as a source of glycerine, for rust-proofing compounds, as a detergent, for chemical fibres, in the preparation of vitamins, and for use in more than 70 pharmaceutical compounds.” In the Mediterranean, the Ligurian Sea falls within a protected area denominated a "whale sanctuary".
It is believed that the male sperm whale uses its head as a defensive weapon in clashes not only with giant squids but also with men, as in the tragedy of the early 19th century, which Herman Melville made legendary in his famous novel "Moby Dick", when a sperm whale sank the whaling ship Essex. Thus the history of persecuting the sperm whale connects it to the history of mankind, and his ancient need to continue living after the darkness has fallen.
It is only light that gives meaning to our visual organs. To put it in physiological terms, the fact that the human anatomy possesses eyes is justified by the existence of light. Goethe said “if the eye were not sun-like, how could we see the light?”. In my work I give great importance to studying the means, the tool by which light is created. Electric light was the discovery that finally made it possible for Man to see in the dark, using a means that was not ephemeral and did not require him to hunt for spermaceti, or to burn petroleum oil.
Only the Italian language has a word that relates the whale to electricity: the term "baleno" means both "a flash of lightning" and the sudden occurrence of an extraordinary event, such as a whale's back emerging above the water.
FULGUR (44°19’38.9”N 8°30’16.3”E) resulted from the search I have just described. The relic/bone is presented in a close relationship with a source of light in the form of a "light stick" that I decided to position on the ridge of the skull, precisely at the point where the whale hunters aimed their harpoons. Fulgur should be considered as a superfluous horizontal sundial; one that cannot be used to measure time and space.
Mauro Panichella